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Gay & Bisex

IL FASCINO BURINO DI ROMA 1


di Membro VIP di Annunci69.it chupar
30.06.2023    |    5.299    |    3 9.3
"E poi ai miei genitori glielo spieghi tu? O entro e dico: A ma' vado in camera a famme fa' de bocca dall'amico mio..."
Frequentavo l’Università a Roma e con Francesca avevamo legato con una fuori corso, Sonia, e con il suo fidanzato, Fabio, un ragazzo piuttosto rozzo sulla trentina che condivideva con il fratello una baracca-edicola in piazza della Repubblica. Sonia era carina, affabile e in certa misura anche raffinata. Non riuscivo a capire come potesse piacerle un tipo del genere, anche se, dovevo ammettere, che quel maschio allietava da un po' le mie serate solitarie. Certo, una cosa era farsi una sega su un ideale, altro condividerci la vita.
Era una sera come tante. Eravamo stati al cinema in piazza Barberini e, non appena Fabio vide Sonia e la mia ragazza sparire frettolosamente per prendere l’ultimo mezzo per rientrare, mi afferrò per il braccio. Mi chiese di fermarmi e di arrivare con lui sulla scalinata di Piazza di Spagna: " Du' passi, 'na sigaretta e ce ne andiamo."
Ero convinto di non avere argomenti da condividere con un tipo del genere, ma cedetti.
Seduti sulla scalinata deserta, Fabio iniziò a raccontarmi di Sonia, del fatto che non gli interessasse chissà quanto di lei e che, quando poteva, la tradiva: "Per esempio, quella stronza stasera m'ha lasciato a secco! Che devo fa'? Me posso fa 'na pippa all'età mia?"
Meravigliato da quella confessione, lo fissai perplesso e lui mi spiegò che se voleva scopare con qualcuno ci provava senza tanti problemi.
- "Ma trovi facilmente?"
- "Donne, trans, trav... Piuttosto che anda' a prende' una, la devi porta' a cena, magari vuole pure l'albergo, fa storie se non te metti il preservativo... Se sto proprio carico, pago!"
Si alzò, mi girò attorno. Andò alle mie spalle. Tenendosi la sigaretta tra le labbra, iniziò a farmi un inoffensivo massaggio: "Se 'na cosa t'ispira, perché uno non ce deve prova'?"
Mentre mi domandava in modo quasi distratto come andassero le cose con la mia ragazza, scese con le mani verso la schiena per poi risalire. Nel procedere, il suo discorso prese una piega strana, mi disse di avermi sempre percepito originale, non uguale a tutti gli altri e, senza perdersi in altri giri di parole: “Certe volte però non basta...Perché certe cose vanno prima imparate bene, altrimenti i bavosi che te danno 'na spinta pe' lavora' non s'accontentano…”
Senza aggiungere altro, mi afferrò la mano e l’introdusse nell’apertura dei suoi pantaloni.
- "Oh, che stai a fare?"
- "Amo', sto a ferro! Semo amici, no?"
Non mi ritrassi, non protestai. Sentii i bottoni della patta segnarmi il dorso della mano e il sesso del mio nuovo amico gonfiarsi, scaldarsi. Strinsi il cazzo intrappolato negli slip, lo percorsi in tutta la sua lunghezza, deciso a tastarlo fino alla base: "Senti... Non è che faccio 'ste cose di solito... Al liceo, qualche volta tra amici è capitato..."
Fabio inizialmente guidò i miei movimenti: "E certo, che capita... Chi sta a di' niente? Tu, però, continua..."
Dopo pochissimo iniziai a fare da solo, lanciandomi in una sega, prima lenta e poi dal ritmo più incalzante.
Mi fermò: “Sì, però de mano faccio pure da solo… Magari a scuola sei pure andato de bocca qualche volta? Così.. Giusto pe' prova'?!”
-"No..."
E mi fece capire i suoi desideri anche passandosi il medio tra le labbra e ciucciandolo leggermente: " E dai! Nu'n ce credo!"
- “Ci possono vedere. Andiamo a casa tua.”
- “Come no!? Mo pe 'na pompa ce facemo trenta minuti de mezzi. E poi ai miei genitori glielo spieghi tu? O entro e dico: A ma' vado in camera a famme fa' de bocca dall'amico mio. Che me porti du' stracci, cosi non sporco de sborra?”
Per non passare proprio da verginello a mignotta in due minuti: "Così non mi va. Non sono pratico e poi è na' cosa senza una parola, senza sentimento, diciamo..."
- “Mo’ chiamo n’orchestra, mentre me lo succhi!” - e guardandomi con un ghigno da stronzetto si scostò e appoggiò le mani sulla staccionata di travertino laterale rispetto alla scalinata. Dilatando le gambe, se lo tirò fuori. Si mostrò con orgoglio: “Oh, vie' qua! Non te basta questo de romanticismo?"
I testicoli cadevano pesanti e, coronati di peli ricci e scuri, lasciavano emergere il fallo, dritto, spesso e nodoso, dalla capocchia particolarmente sporgente.
- "Va bene, ma senza finire..."
- "Tu comincia intanto..."
Avvicinatomi, gli sollevai la camicia e con la lingua seguii gli avvallamenti degli addominali, segnati da una leggera peluria. Poi, senza fretta, scesi, leccando lateralmente il fallo e giocherellando con l’attaccatura dei testicoli. Più la mia lingua si agitava, più la sua verga fremeva all’estremità.
Fabio, osservandomi dalla sua posizione: "E meno male che volevi 'na cosa de sentimento! Ch'hai n'amore forte pe' il cazzo e, me sa, che basta e avanza!"
Quindi diede un’occhiata intorno, per essere certo che nessuno fosse nei paraggi: "Amo'... Visto che apprezzi, mo' se gioca davvero..."
Tirandosi in basso l’uccello mi costrinse a prendere quel monumento romano bloccandomi la testa. Subito cominciò ad agitare leggermente il bacino e a spingermi in contro tempo verso il suo fallo. Ogni qual volta l’uccello scivolava fuori, quasi innervosito, lo afferrava e me lo infilava in bocca, ricominciando a stantuffare a fondo, quasi sino a toccarmi le tonsille.
All’improvviso, bloccandomi la testa tra sé e la balaustra, non mi consentì più alcuna libertà, imponendomi appieno il suo ritmo.
Forse aveva intenzione di venire così, di svuotarsi nella mia gola, ma io con quella capocchiona dentro proprio non riuscivo a respirare. Per farglielo capire, posi le mani sul suo bacino, per spingerlo lontano.
Si scostò e subito iniziai a tossire saliva: “Che cazzo! Mi vuoi ammazzare?”
Fabio, facendo una piccola acrobazia per infilarsi l’uccello ancora duro nei pantaloni: “Finiscila de fa’ la femmina. Andemo!”
- "E dove?"
- "Un posto più tranquillo che so io..."
Camminò frettolosamente davanti a me, quasi in maniera comica, con il fallo che gli gonfiava notevolmente la patta
- “L’hai già dato? Il culo, voglio di'.”
- “Ma che domande fai?”
Fabio, forse percependo un'insicurezza nella mia voce: “Meglio che l'hai già dato."
- "Io non ti ho detto che l'ho dato."
- "Sì, ma manco de no!"
Scendemmo in Metro e arrivammo a Piazzale Flaminio senza dirci nulla. Quindi, entrammo in Villa Borghese.
"Dovemo solo sta' attenti se arrivano gli spacciatori o qualche tipo strano. Se arriva un negro che faccio? Je dico de favorire?"
Sorrisi: "Ma vaffaculo!"
- "Damme tempo che c'arrivamo."
Ci avvicinammo a un accesso della metro abbandonato a sinistra dell'ingresso monumentale, pieno di rifiuti e sterpaglie. Fabio, guardatosi attorno: “Qui, me pare, che se po' sta tranquilli! È zona de marchette.”
Sistematosi sulla parete lungo le scale, si calò pantaloni e mutande. Il suo uccello, liberato dalla stretta, si mostrò a mezz'asta sull'inguine villoso: “Mo’ se finisce però!”
Mi prese in malo modo. Con una mano sulla testa mi fece piegare in quel lerciume e la cosa mi fece impazzire. Essere trattato di nuovo come una bocchinara da usare a piacimento mi ricordò a cosa avevo deciso di rinunciare, al mio primo ragazzo, agli uomini dei cantieri con cui l'avevo tradito.
Mi concentrai sulla sua mano che mi spingeva e sul suo randello popolare e sempre più duro. Eccitato, lo divorai letteralmente. Ci sputai sopra e poi lo imboccai di nuovo fino a sentirmelo in gola.
- “Mortacci…Quanto sei bravo! Fermati!”- mi fece a un certo punto: “Alzati! Mettiti a pecora che te faccio er culo!"
In preda ad un profondo delirio, mi voltai e, abbassandomi pantaloni e mutande, mi sistemai a cosce allargate: "Vacci piano, che sto fermo da un bel po'..."
Infilandosi il preservativo: "Lasciame fa'... Peccato che stai già sfonnato, però!"
Afferratomi con forza le chiappe e divaricatele, mi sputò sul buco e iniziò a baciarmelo con maestria, a leccarmelo con vigore, a penetrarmi con la punta della lingua. Ci sputò ancora, lo allargò con due dita e, ormai lubrificato, finalmente si sollevò.
Il suo grosso cazzo umidiccio scivolò tra le mie cosce prima e poi tra le chiappe. Il porco si fermò sul mio buchino e cominciò a forzare "Vado, eh..."
Ero talmente voglioso che lo presi in mano, mentre cominciava a penetrarmi. La cappella entrò e cominciò a chiavarmi piano, facendosi strada. Ogni colpo qualche centimetro in più.
- “Bello, siiih.... Così, in culo, me piace!”
Ormai non c'era più resistenza. Mi stava facendo il culo sulle scale di un accesso Metro abbandonato con il rischio di essere scoperti e la situazione mi piaceva, mi mandava in estasi. Il traffico continuava a rombare a pochi metri da noi, quando lo tirò fuori. Mi sentii letteralmente aperto, sfondato. Un uomo sulla sommità delle scale ci stava guardando. Non riuscii a percepire molto della sagoma se non che si stava masturbando.
Fabio si afferrò il cazzo e l'agitò come fosse stata un'arma. "Ah brutto frocio! Se nun'te levi dai cojoni, mo' vengo là e te lo rompo a te il culo!"
Mi spaventai, stavo per sollevarmi, ma Fabio con la sinistra mi spinse di nuovo in basso: "Statte fermo tu, che ce penso io!"
L'uomo se ne andò e lui con un nuovo colpo di reni lui mi attraversò a fondo, fino a farmi sentire le palle.
Iniziò a fottermi con grinta inaudita. Ero spezzato in due da quel manganello che mi divaricava le natiche. Lo sentivo spingersi sempre più profondamente. Sentivo la rabbia che Fabio ci stava mettendo, sentivo le auto, i rari passanti che camminavano sulla breccia di Villa Borghese, ma non m’importava. Mugugnavo, sentendo quel cazzone penetrarmi, facendo fronte ai colpi e al loro dolore che diventava subito piacere.
Fabio continuò a sbattermi sonoramente, finché tolse e si si sfilò il profilattico. Mi afferrò per la nuca, facendomi inginocchiare innanzi a lui. Vicino al culmine, mi spinse il suo cazzo in bocca. Certo della totalità del suo affondo, dopo una sorta di guaito, quasi ululò: - “Ce sto! Cazzo! Manda giù!”
Eruttò tanto che non riuscii a ingoiare tutto il seme che si accumulò scivoloso sulle pareti della mia bocca e in fondo alla lingua. Sentendomi soffocare, preso da conati di vomito, cercai di liberarmi dalla stretta di Fabio che mi lasciò solo dopo essersi svuotato del tutto. A quel punto, continuando a tossire, inveii contro: “Stronzo di merda!”
Senza neppure cercare di contraddirmi, si girò di spalle per tentare di pisciare: “Ce sai fa' e poi c'hai un bel culo stretto. Non se ne trovano così in giro gratis."
Dopo aver pisciato, sgrullatosi la capocchiona ancora gocciolante, si accese una sigaretta. Aspirandola, se lo mise nella patta: “Andemo va’… Che è tardi e voglio torna’ a casa che domani lavoro.”
- "E io?"
- "In che senso?"
- "Non sono venuto!"
- "Ah, se resti qua da solo a quest'ora de trova' trovi. Magari torna l'amico de prima co' altri dieci! De veni' forse veni pure, ma non so' sicuro che torni a casa intero!"
Cominciò a fischiettare e sistemandosi salì le scale. Si girò a guardarmi: "Oh, allora? Che voi fa?"
Annuii e gli andai dietro.
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